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-Già goccia la grigia rosa il suo fuoco -


Già goccia la grigia rosa il suo fuoco
il fuoco rapito fumido di pioggia,
sulla calce dei muri ciechi ove il fioco
tuo bagliore s'appoggia.

Già strepe sui grevi banchi di breccia
nei recinti angosciosi dissono attutito
il tuo piede cupo di cui l'eco s'intreccia
col fiume dal lento corso Cocito.

La mano ne rovi vizzi è una fiamma
crepitante di febbre vitrea semiviva,
nel tuo sguardo un autunno langue e s'infiamma,
sol che l'anno riviva.



-Fiume da fiume-

Si pasce di se il fiume, bruca
serpeggiando
le sue
quasi essiccate sgorature,
visita
le sue
quasi aride pozzanghere,
si trascina ai suoi già putridi ristagni
finche, poco più oltre
un poco lo confortano
misteriosi trasudamenti,
lo irrorano frescure,
umori, vene
dal più profondo
del suo cuore sotterraneo
ed eccolo
rinasce esso dalle secche,
ora, si lascia dietro la sassaia
della sua quasi estinzione
per il suo nuovo cammino -
si muove verso se stesso il fiume,
si sposta dentro il suo cangiante bruco
ed entra, fiume nuovo
uscito dalle sue ceneri
nei luoghi dove opera
la primavera e non c'è
fiore né gemma, non c'è ancora
ma c'è quella radiosa incandescenza
di luce e opacità nel bianco dell'aria,
c'è, ed ecco si diffonde, quella trepidante animula
e quel chiaro sopra la linea degli alberi,
quel già più festoso scintillamento delle acque.
C'è tutto "quello". E c'è
lui fiume,
ne vibra intimamente
il senso. C'è questo, c'è prodigiosamente.