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Fin dal primo incontro con l'uomo bianco agirono nella generosità e nella condivisione, perché queste erano le leggi su cui si fondava tutta la loro cultura.

In cambio delle coperte infette di vaiolo, della deportazione di massa, del furto legalizzato delle loro terre, i Nativi americani colmarono di doni l'ondata gigantesca d'immigranti che come una tempesta si abbatteva implacabile sulla loro terra.
Una generosità ancora più straordinaria se si pensa che venne ricambiata con uno dei più terribili genocidi della storia dell'uomo, un olocausto che, per orrore e violenza, è tragicamente assimilabile alla Shoà vissuta dai fratelli ebrei.

Basta ricordare il massacro del Whichita River o quello ancora più premeditato e gratuito di Wounded Knee dove le Hotchkiss del 7° cavalleria falciarono senza ragione più di 300 vecchi, donne, bambini inermi, lasciandoli pietrificati dal gelo come terribili statue di ghiaccio in una fossa comune degna (si fa per dire) di Auschwitz. O ancora le donne incinte sventrate dalle baionette, i feti lanciati in aria per giocare al tirasegno, lo scalpo dei genitali usati per decorare i cappelli dei soldati. O le migliaia di carcasse di bisonte lasciate a marcire nella prateria, mentre il popolo moriva inesorabilmente di fame. O il fatto che alcune nazioni, come i Mandan o gli Arawak, sono scomparse e che oggi gli indiani sono poco più di 3 milioni mentre un tempo, secondo la tradizione orale, erano decine e decine di milioni.

Una generosità che, ancora oggi, continua a dare: come ci ricorda lo studioso Jack Weatherford, nel suo libro "Indian Givers", i doni preziosi che i nativi fecero agli invasori continuano ad influenzare positivamente gran parte della nostra cultura, del nostro sistema di vita e della nostra alimentazione.
E' a loro che dobbiamo le patate, il mais, i pomodori. O il nostro sistema bancario, che 500 anni fa poté svilupparsi grazie al lavoro di migliaia di indios nelle miniere d'argento del Sud America.
Ma se non possiamo mettere riparo a quanto la follia umana ha fatto nel passato, almeno nel presente, ogni volta che mangiamo una pizza col pomodoro o che ci curiamo un raffreddore con l'echinacea, possiamo pensare con gratitudine a questa grande cultura e a tutto ciò ci ha donato.

Marina D'Andrea