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21/02/2006 01:42
 
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Gli U2, destinati a diventare una delle band più popolari della storia del rock, nascono nel 1976, l'anno in cui il futuro batterista Larry Mullen jr. mette un avviso nella bacheca della Mount Temple School di Dublino, la prima scuola non confessionale d'Irlanda: "Cercasi musicisti per fondare band". Rispondono Dave Evans, chitarrista, detto "The Edge", Adam Clayton, bassista, e Paul Hewson, cantante, ribattezzato Bono Vox dal nome di un negozio di apparecchi acustici di una via del centro di Dublino. Cominciano a suonare come Feedback, poi diventano Hype, infine, su suggerimento di Steve Averill dei Radiators, scelgono U2, dal nome di un tipo di aerei spia americani della seconda guerra mondiale.
I quattro sono giovanissimi: Mullen ha 14 anni, The Edge 15, Clayton e Bono 16. "Ero un buono a nulla - racconta quest'ultimo -. L'unico lavoro che riuscivo a fare era il benzinaio. Ma la musica per me era la cosa piu' facile dle mondo, mi aiutava a uscire dalla banalita' di una vita da ragazzo di periferia". La morte della madre, cui dedichera' "I will follow", segna per Bono un punto di svolta: la band e' la sua nuova famiglia. E nel 1978 gli U2 sono gia' cosi' affiatati da vincere un concorso rock a Limerick, Irlanda.
"Eravamo invincibili perche' uniti. Eravamo degli idealisti arrabbiati con la voglia di venire alle mani con tutto il mondo", racconta Bono. Poco dopo, l'incontro cruciale con il manager Paul Mc Guinness segna l'inizio ufficiale di una carriera da sogno. Gli U2 - con oltre 70 milioni di dischi venduti in vent'anni - segnano un caso, piuttosto raro nel rock, di fusione tra impegno politico e risultati commerciali. "Non siamo mai voluti diventare un oggetto di culto - precisa The Edge -. La vera sfida era toccare milioni di persone senza accettare compromessi, e non rimanere integri vendendo solo qualche migliaio di dischi".



Boy e October, i primi due album, sono un cocktail di freschezza, ingenuita' ed energia rock. I suggestivi colpi di chitarra di The Edge e la voce intensa e graffiante di Bono sono gia' il marchio della fabbrica U2. E le prime composizioni sono intrise di spiritualita': Bono, The Edge e Mullen, che frequentano per un certo periodo il gruppo cristiano Shalom, ne sono gli artefici. Solo Clayton ne rimane distante. Mentre le altre band si cibano di sesso, droga e rock'n'roll, gli U2 leggono i salmi. "Ci sono poche cose, credo, che possono rivaleggiare con l'eroina per chi cerca una via d'uscita da una vita mediocre - sostiene Bono -. Nel mio caso e' stata la fede a condurmi in alto. E' piu' una questione di spiritualita' che di religione. I nostri occhi sono aperti a un altro mondo, che esiste oltre i limiti monocromi e unidimensionali di quello che ci circonda". E' un Cristianesimo radicale, rivoluzionario. "Piu' del punk, un movimento della classe media che ha poi costretto la classe operaia a dargli la credibilita'". Il trascinante singolo "I Will Follow", propulso dall'incendiario riff di chitarra di The Edge, è il capolavoro di Boy (1980) e il primo brano a lanciare in orbita la band irlandese.



October (1981), in particolare, approfondisce in modo più consapevole il tema dell'adolescenza già affrontato in Boy. E' proprio con questo album che Bono e soci dichiarano apertamente la loro religiosità. Il disco si apre con il grido di Bono che intona "Gloria", che può essere visto come una preghiera, un vero inno a Dio, ma anche come la testimonianza della perplessità per il crescente successo che gli U2 stanno vivendo e del difficile modo di conciliarlo nell'ambito di una concezione cristiana della vita. "Gloria" è uno stupefacente condensato di energia e melodia rock: la strofa trascinante e sorretta dal riff di The Edge ci conduce all’epico ritornello dove Bono ha libertà di spaziare con la propria voce sui ricami effettistici della chitarra e dove l’ispirato basso di Clayton svisa sulla cassa in quattro di Mullen. Il tema portante della religiosità si può incontrare anche in pezzi come "Rejoice", "With A Shout" e "Scarlet" (titolo attribuito in un primo tempo all'album), dove Bono ribadisce il concetto che la sua fede non è uno stereotipo ma un sentimento, radicato nella sua cultura e nella sua educazione irlandese.

Oltre alla fede, October mette in evidenza il clima di tensione che si viveva in quegli anni di scontri in Irlanda del Nord. In particolare, con "Tomorrow" gli U2 affrontano il tema della lotta politica e religiosa che infiamma il loro paese e del sangue versato per le strade di Belfast. "Tomorrow" è la canzone più "Irish" degli U2: la presenza nell'accompagnamento delle tradizionali uilleann pipes, le cornamuse irlandesi, rivela il legame dei quattro dublinesi con la tradizione folk del loro paese. Le cornamuse, affiancate alla voce carica di emozione di Bono, danno a questa canzone un'intensità particolare, accentuata ancora di più nel finale dal falsetto disperato di Bono.

Ma la canzone che forse dà quel tocco magico all'album è proprio la title-track, "October", pezzo lento e caratterizzato dal suono del pianoforte, che esprime la malinconia tipica dell'autunno. Il disco si chiude con una canzone che è anche una domanda "Is that all?", ovvero è tutto qui quello che abbiamo da dire con la nostra musica? Gli U2 si domandano se la musica sia in grado di migliorare il mondo.



I temi sociali e politici aumentano nel terzo album, War (1983). In copertina, il viso sconvolto e inquietante di Peter Rowen, il bambino di "Boy". Ma ora lo sguardo e' severo e le labbra sanguinano: e' l'atto d'accusa dell'infanzia contro la guerra. L'hit e' la marcia di "Sunday Bloody Sunday", che ricorda uno dei drammi dell'Ulster: l'uccisione a Derry, nel 1972, di tredici civili da parte dei paracadutisti britannici. Introdotta dal pattern rullato di batteria su cui si inseriscono l’immortale riff di The Edge e il vocalizzo di Bono, è' un inno di pace, ma sarà scambiato per propaganda nazionalista. Una bandiera bianca, issata da Bono sul palco nel suggestivo scenario rosso-arancio di Red Rocks (Usa) durante il concerto immortalato in Under A Blood Red Sky, chiarira' tutto: "Ho paura quando vedo le persone pronte a uccidere per stabilire un confine - racconta il leader degli U2 -. Mi piacerebbe vedere un'Irlanda unita, ma non credo che si possa puntare una pistola alla testa di qualcuno per fargli assumere il tuo punto di vista. L'Ira ha sempre avuto idee sincere, ma sbagliate. Ora, dopo il Good Friday Agreement, il mio Paese è tornato a sperare".

Il disco sfoggia altri gioielli, come la disperata "Like A Song" o l'intensa "Two Heart Beat As One". Ma forse il vero capolavoro è lo struggente inno di "New Year’s Day": costruito intorno al sognante giro di piano suonato da The Edge, offre un altro saggio della forza vocale di Bono e della qualità compositiva della band, che riesce a equilibrare energia e leggibilità, forza e melodia, in un tutt’uno dall’impatto esplosivo.



Il rifiuto della guerra torna in The Unforgettable Fire: il fuoco indimenticabile è quello della bomba atomica di Hiroshima. E' il primo album del sodalizio con Brian Eno, maestro dell'ambient music, e con Daniel Lanois, tecnico canadese del suono. Il rock forte e intenso dell'esordio acquista una patina magica. Le canzoni narrano di un'America in crisi, delusa dalla mancata realizzazione dei suoi ideali. Uno dei brani, "MLK", e' un omaggio al profeta nero della pace Martin Luther King. Il singolo "Pride (In The Name Of Love"), cantato da Bono in un registro epico e disperato, e sorretto da un altro memorabile riff di The Edge, diventa uno dei grandi inni del decennio. La commovente title track, maestosa e sinfonica, è un altro capolavoro del gruppo. Ma il disco vive anche di episodi meno noti, eppure altrettanto vibranti, come l'amara riflessione sui demoni della droga di "Bad" e l'elegia malinconica del ritorno a casa di "A Sort Of Homecoming". The Unforgettable Fire è il primo album degli U2 a entrare nei Top 10 di "Billboard" ed è la svolta dell'intera carriera della band, che accentua il suo impegno sociale. All'esibizione sul palco di Live Aid a Wembley, in cui Bono salta dal palco in mezzo al pubblico, seguono il tour "Conspiracy of hope" per Amnesty International, il contributo a "Sun City" contro l'apartheid, le incursioni con Greenpeace per il caso-Sellafield, e il "Self Aid" a favore dei giovani disoccupati irlandesi.


La rivista musicale Rolling Stone proclama gli U2 "il gruppo degli anni Ottanta". Ma alla vetta delle classifiche di Stati Uniti e Gran Bretagna, Bono e compagni arrivano nel 1987, con The Joshua Tree. Il titolo fa riferimento a un cactus gigante che cresce nella Death Valley, ribattezzato Joshua dai primi mormoni giunti in America, come a paragonare quel luogo alla Terra promessa di Giosue'. E' il disco della maturita', sapiente sintesi tra la tecnologia di Eno, l'irruenza selvaggia del trio batteria-basso-chitarra e l'estensione vocale di Bono, con qualche incursione nel blues e nel country. Il disco frutta autentici hit mondiali, da "Where The Streets Have No Name" a "I'm Still Haven't Found What I'm Looking For". Ma non mancano piccole gemme nascoste, come la commovente "Red Hill Mining Town" o la sommessa denuncia sulla tragedia dei desaparecidos di "Mothers Of The Disappeared". Altre volte, invece, la band sembra annaspare in un Adult Oriented Rock un po' stantio e retrivo ("Whith Or Whithout You", "Bullet The Blue Sky").
In generale, gli U2 si "americanizzano", nei suoni e nel look. E negli Stati Uniti riescono a collaborare con "mostri sacri" del calibro di Bob Dylan, Robbie Robertson, Roy Orbison e B.B. King (con cui si esibiscono nel tour "Rattle & Hum").
Ma in patria gli atteggiamenti "messianici" dei quattro sacerdoti del rock suscitano l'ilarita' di gruppi come The Joshua Trio e Sultans of Ping. Questi ultimi dedicano loro l'irriverente "U talk 2 much" ("gli U2 parlano troppo"). Contro la band dublinese si levano anche gli strali della cantante Sinead O'Connor, che li accusa di gestire in modo mafioso la scena rock irlandese tramite l'etichetta "Mother Records".


Nel 1991, con Achtung Baby, gli U2 inaugurano la svolta tecnologica degli anni Novanta. L'elettronica spinta e rumorista, che attinge un po' furbescamente alla moda "industrial", vuole esprimere "le contraddizoni di una societa' in trasformazione". Brani come "The Fly" e "Until The End Of The World", colonna sonora dell'omonimo film di Wim Wenders, hanno un vago sapore apocalittico; il capolavoro del disco è con ogni probabilità lo struggente lento elettrico di "Love Is Blindness", ma il nuovo hit mondiale e' "One", ballata classica dai toni soul.



Il successivo show "Zoo Tv", ispirato dall'universo cibernetico dello scrittore William Gibson e dal famigerato "villaggio globale" di McLuhan, è un inferno di suoni e di informazioni, che bombardano il pubblico da decine di teleschermi collegati a due satelliti. Durante il tour viene registrato Zooropa, passo ancora piu' azzardato (e stavolta decisamente fallimentare) nei meandri del pop elettronico, con suoni campionati e brani disco come la vacua "Lemon", che Bono canta in falsetto.
Ma l'impegno sociale resta. La Jugoslavia dilaniata dagli odi etnici appare agli U2 una metafora del conflitto irlandese tra cattolici e protestanti. Parte, insieme a Brian Eno, il progetto-Passengers: "Miss Sarajevo", cantata con Luciano Pavarotti, e' una commovente preghiera di pace in cui l'elezione di una reginetta di bellezza diventa il simbolo della normalita' perduta nella guerra. "Questa notte dobbiamo vergognarci di essere europei", grida Bono durante un concerto. Poi, sempre sul terreno politico, arriveranno gli incontri con Salman Rushdie e il concerto con i premi Nobel per la pace nordirlandesi John Hume e David Trimble.



I sacerdoti del rock cambiano pelle. Lustrini e occhiali da sole a goccia al posto dei giubbotti da liceali; capelli rasati al posto di quella zazzera post-punk che - come dice Bono - "ha contagiato intere schiere di calciatori di serie B". L'intimismo degli esordi ha lasciato spazio all'ironia. Il bersaglio e' il "mercato globale", che fagocita tutto e tutti. Anche le rockstar. Addio salmi. Benvenuti al supermarket rock del Duemila.

"Il rock è invecchiato", dichiara Bono dopo l'uscita di Pop (1997). "Cambiare e' il solo modo per sopravvivere", precisa il chitarrista The Edge. Così i quattro apostoli del "fuoco sacro" d'Irlanda approdano addirittura in una discoteca post-moderna che centrifugava suoni, rumori e immagini. Motivi pop, piu' facili ed effimeri, testi meno impegnati e ritmi martellanti stile techno, vogliono rappresentare, nelle intenzioni di Bono e soci, "l'industria della musica". Ma gli U2 sanno benissimo di essere ingranaggi di quel sistema, con i loro capricci da rockstar e i loro show faraonici. Così, ormai, preferiscono affidarsi all'ironia, nelle canzoni e nelle scenografie dei concerti.
La parabola dell'apocalisse consumistica di fine secolo, iniziata con lo show di "Zoo Tv", raggiunge l'apice sul palco del "Pop Mart tour", un supermercato ambulante del rock decollato da Las Vegas e approdato anche in Italia per due date, a Roma e Reggio Emilia. Tutto diventa eccessivo, dall'immenso arco giallo che sovrasta il palco a un limone di nove metri, da un'oliva infilzata su uno stuzzicadenti di 35 metri a un megaschermo da 700 metri quadrati traboccante frammenti psichedelici e pop-art. Il suono puro degli U2 si trasforma in una miscela impazzita di atmosfere ipnotiche dance e di ritmi accelerati techno e jungle, di sprazzi pop "easy" stile Oasis e di elettronica contaminata alla Depeche Mode e Chemical Brothers. Una incursione nel mondo luccicante ed effimero delle discoteche, in cui c'e' spazio per la dance volutamente triviale di "Discotheque", ma anche per gli assoli di chitarra di "Staring at the sun", unica consolazione dei nostalgici.

Ma si può parlare davvero di una svolta commerciale per i quattro ex-integralisti del rock'n'roll? "Non vogliamo restare schiacciati da queste influenze, ma documentarle - si difende Bono -. E' un po' come facevano i Beatles. Gli U2 non saranno mai un gruppo dance. Se la gente ballera' con i nostri pezzi, lo fara' a casa, non sulla pista". Ma per i nostalgici dei primi U2 non c'e' piu' spazio: "Il rock - si giustifica Bono - rischiava di mummificarsi come la musica folk. Dovevamo venir fuori dal rigore anni Settanta e imparare a prenderci in giro. E' quello che stiamo facendo con i nostri ultimi show".


Soltanto nel 1988, cantavano in "God part II" (da Rattle & Hum): "Non credo negli anni '60, nell'eta dell'oro del pop/ Si glorifica il passato, mentre il futuro e' sempre piu' sterile". Oggi, gli U2 scoprono il pop e guardano al futuro. Per loro, come per altre rockstar (David Bowie, Bruce Springsteen, Sting), il rock e' diventato un vestito troppo stretto, e il trasformismo quasi una necessita'. "Le nostre canzoni piu' interessanti sono nate dalla sperimentazione - spiega il chitarrista The Edge -. Tentiamo cose inedite, perche' e' il solo mezzo per mantenerci in vita. All'improvviso la formula basso-chitarra-batteria e' diventata logora. Invecchiando, il rock si e' appesantito. Ora stiamo lavorando su nuovi ritmi, ma non possiamo fare i cambiamenti rapidi di Bowie; dobbiamo sempre tenere conto di quattro opinioni diverse".



Così, per venire incontro all'anima più "tradizionalista" della band, nel 2000 gli U2 tentano un (parziale) ritorno al passato con All that you can't leave behind, ovvero "tutto quello che non puoi lasciare indietro". Nelle undici tracce, la band irlandese tenta di recuperare la semplicità delle origini, dispersa negli ultimi anni tra show futuristi e incursioni in discoteca. Ma in realtà il furore degli esordi è un lontano ricordo, e si ha l'impressione che la deriva pop di Bono e compagni sia ormai irreversibile. L'album, infatti, lascia nel complesso indifferenti, salvo qualche eccezione, come il singolo "Beautiful Day", che racconta della banalità di come un uomo possa perdere tutto, ma essere ugualmente felice. Un pezzo che regala qualche momento d'emozione, anche se, musicalmente, ruba la melodia a "The sun always shines on tv", un vecchio successo degli A-Ha.

Eppure proprio Bono, reduce dalla fresca esperienza di attore e musicista nel film di Wim Wenders "The Million Dollars Hotel", aveva parlato chiaro alla vigilia dell'uscita dell'album. "E' un ritorno alle nostre ballate vecchio stampo - aveva annunciato -. Il pop dice alla gente che tutto va bene, mentre la nostra musica dice il contrario". Concetti simili a quelli già espressi molte altre volte dal leader degli U2, che però ultimamente sembra aver smarrito il senso della coerenza. Dopo All that you can't leave behind, l'impressione che gli U2 si siano trasformati in un gruppo di musica leggera non si è attenuata, ma semmai rafforzata.



Il lavoro del gruppo di Dublino nell'ultimo decennio è stato raccolto in U2 - The Best of 1990-2000, album che, in versione limitata, contiene un secondo cd dal titolo The Best of B-Sides, un bonus Dvd con un esclusivo "History Mix" che copre la carriera degli U2 negli anni '90, un trailer del Dvd "The Best of 1990-2002" e una versione inedita live di "Please" e il "backstage" del video del nuovo singolo "Electrical Storm". La versione standard, comprendente un solo cd, raccoglie invece solo i classici (per lo piu' singoli) del decennio 90, oltre ai due brani inediti: il suddetto "Electrical Storm" e "The Hands That Built America", realizzato per la colonna sonora del film di Martin Scorsese "Gangs of New York".



Nel 2004 gli U2 recuperano il vecchio produttore Steve Lillywhite per registrare How To Dismantle An Atomic Bomb.







discography

Boy (1980)

October (1981)

War (1983)

Under A Blood Red Sky (live, 1983)

The unforgettable fire (1984)

Wide awake in America (1985)

The Joshua Tree (1987)

Rattle & Hum (live, 1988)

Achtung baby (1991)

Zooropa (1993)

Pop (1997)

All that you can't leave behind (2000)

The best And The B-sides of 1990-2000 (2000)

How to dismantle an atomic bomb (2004)

N.B. Insieme a Brian Eno gli U2, sotto il nome "Passengers", hanno pubblicato nel 1995 l'album "Original Soundtracks I"




(dal web)

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