alia (post Invitationem ad Reflectionem)
-6-... "Perciò, stipulata una tregua tra voglia di ascoltare e tentazioni esibizionistiche, dobbiamo disporci all'ascolto con animo disponibile e pacato, come fossimo invitati a un banchetto sacro o alle cerimonie preliminari di un sacrificio, elogiando l'efficacia di chi parla nei passaggi riusciti e apprezzando perlomeno la buona volontà di chi espone in pubblico le proprie opinioni e cerca di convincere gli altri ricorrendo agli stessi ragionamenti che hanno persuaso lui. Non dobbiamo pensare che gli esiti felici dipendano dalla fortuna o che vengano da soli, ma che siano piuttosto frutto di applicazione, duro lavoro e studio, e perciò, spinti da sentimenti di ammirazione e di emulazione, dovremo cercare di imitarli; in caso di insuccesso, invece, è necessario rivolgere la nostra attenzione alle cause e alle ragioni che l'hanno determinato.
Senofonte dice che i bravi padroni di casa sanno trarre profitto dagli amici e dai nemici: così le persone sveglie e attente sanno trarre beneficio da chi parla non solo quando ha successo ma anche quando fallisce, perché, la pochezza concettuale, la vacuità espressiva, il portamento volgare, la smania, non disgiunta da goffo compiacimento, di consenso e gli altri consimili difetti ci appaiono con più evidenza negli altri quando ascoltiamo che in noi stessi quando parliamo. Dobbiamo perciò trasferire il giudizio da chi parla a noi stessi, valutando se anche noi non cadiamo inconsciamente in qualche errore del genere.
Non c'è cosa al mondo più facile di criticare il prossimo, ma è atteggiamento inutile e vano se non ci porta a correggere o prevenire analoghi errori.
Di fronte a chi sbaglia non dobbiamo esitare a ripetere in continuazione a noi stessi il detto di Platone:
«Sono forse anch'io così?».
Come negli occhi di chi ci sta vicino vediamo riflettersi i nostri, così dobbiamo ravvisare i nostri discorsi in quelli degli altri, per evitare di disprezzarli con eccessiva durezza e per essere noi stessi più sorvegliati quando arriva il nostro turno di parlare.
A tal fine è utile anche ricorrere a un confronto se, una volta finito l'ascolto e rimasti soli, prenderemo qualche passaggio che, a nostro giudizio sia stato trattato in modo maldestro o inadeguato e proveremo a ridirlo noi, volgendoci a colmare una deficienza qui, a correggerne una lì, a esporre lo stesso pensiero con parole diverse o tentando di affrontare l'argomento in maniera radicalmente nuova.
Così fece anche Platone con un l discorso scritto da Lisia(1). Non è difficile muovere obiezioni al discorso pronunciato da altri, anzi è quanto mai facile; ben più faticoso, invece, è contrapporne uno migliore. Alla notizia che Filippo aveva raso al suolo Olinto, lo spartano osservò: «Ma lui non riuscirebbe a riedificare una città così grande!».
Se dunque nel dissertare sullo stesso argomento ci sembrerà di non essere molto superiori a chi ne ha trattato, deporremo gran parte del nostro disprezzo e ben presto, smascherati da simili confronti, svaniranno in noi presunzione ed orgoglio....""
-8-........pur di apprendere e assimilare le riflessioni utili accettiamo anche le risatine di chi vuol dare a vedere di essere intellettualmente dotato, come fecero Cleante e Senocrate, che in apparenza erano più lenti dei compagni, ma in realtà non demordevano dall'apprendere e non si smarrivano d'animo, ed erano anzi i primi a prendersi in giro, paragonandosi a vasi dall'imboccatura stretta o a tavolette di bronzo, alludendo al fatto che facevano fatica ad accogliere le parole, ma poi le conservavano in modo saldo e sicuro. Perché non solo, come dice Focilide:
spesso deve subire delusioni chi aspira alla virtù
ma spesso deve accettare anche di essere deriso e schernito, e sopportare canzonature e volgarità pur di eliminare con tutto se stesso la propria ignoranza ed abbatterla... "
(da Plutarco, L'educazione,6,8.)
Grazie, Ade, per questo invito!