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10/12/2004 19:35
 
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soggetto e sceneggiatura:
Giuseppe Tornatore

musica:
Ennio Morricone

interpreti:
Philippe Noiret (Alfredo),
Salvatore Cascio (Salvatore bambino),
Marco Leonardi (Salvatore ragazzo)
e Jacques Perrin (Salvatore adulto)


TRAMA


Due anni dopo la fine della II guerra mondiale a Giancaldo, un paese siciliano, il cinema è l'unico divertimento. Davanti ad una platea chiassosa, ma anche emotiva, il "parroco-gestore" fa passare sullo schermo celebri film americani e italiani, dopo adeguati tagli di cui si occupa l'anziano Alfredo, il proiezionista, che inizia ai misteri della macchina da proiezione Salvatore, un ragazzino di dieci anni figlio di un disperso in Russia e fanatico frequentatore del cinema .Quando la cabina si incendia perchè Alfredo ha voluto proiettare anche in piazza un film comico, Salvatore, dopo aver salvato Alfredo, che per le ustioni al volto rimarrà cieco, prende il suo posto nel rinnovato Cinema Paradiso.
Ormai adolescente si innamora di Elena, una ragazza benestante. Chiamato alle armi dopo aver chiesto invano un appuntamento a Elena per salutarla prima di partire (il padre di Elena non vuol nemmeno sentir parlare di legami con Salvatore), non riceverà nemmeno risposta alle numerose lettere che le invia, regolarmente respinte in caserma. Dopo il servizio militare Salvatore non torna più a Ciancaldo poichè Alfredo gli ha detto che il suo avvenire è altrove e dal paese molti sono emigrati in Germania per lavorare. Passano trent'anni: a Salvatore, diventato un affermato regista, la madre comunica che Alfredo è morto. Tornato al paese trova tutto cambiato e il "Nuovo Cinema Paradiso" ormai fatiscente viene demolito. Salvatore rivede Elena, sposata con figli, c'è tra i due un momento di rimpianto e di tenerezza per l'amore perduto, ma la loro storia non potrà ricominciare, anche se Salvatore non s'è mai sposato ed Elena è rimasta l'unico amore dellla sua vita. Così Salvatore torna a Roma con tanti rimpianti e ricordi e anche con una "pizza" di pellicola che Alfredo ha lasciato per lui: dentro ci sono gli spezzoni di pellicola che il "prete-gestore" tagliava a suo tempo. La proiezione di quei reperti costituisce per Salvatore il simbolo dell'immortalità del cinema, nonostante la crisi che attualmente lo travaglia.



INTERVISTA CON G. TORNATORE



Occhi vivaci, profondi, una voce calda, suadente, un sorriso dolce, da bambino, un'aria timida, un po’ schiva: ecco come si presenta Giuseppe Tornatore al nostro incontro.
Parliamo della sua vita, dei suoi sogni di bambino, dei suoi film, del suo rapporto con la Sicilia.
E tutto avviene con estrema semplicità, senza filtri apparenti, talvolta con toni accesi, talvolta con fare sognante. Cominciamo col parlare della sua passione per l'immagine:
"Il cinema è stata la mia religione- asserisce con decisione il regista- , la cosa nella quale ho creduto di più in assoluto. Questa grande passione è nata in piccoli cinema come quello di Nuovo Cinema Paradiso, da una grande curiosità di capire come mai si creassero quelle immagini così gigantesche e così rapide sullo schermo e allo stesso tempo dall'illusione che forse attraverso un approccio molto semplice con la fotografia potessi in qualche modo avvicinarmi a quel processo che era a monte della nascita delle immagini sullo schermo.
Tornatore parla con estrema dolcezza del bambino che a Bagheria andava a catturare immagini di nascosto, dell'adolescente che si cimentava in cortometraggi ed infine dell'adulto che con determinazione e sofferenza è riuscito a sfondare nel mondo del cinema.
La sua storia sembra quella di Totò, il protagonista di Nuovo Cinema Paradiso, "il film a cui devo tutto, quello che parla più di me, che è costato più fatica di qualunque altro". Ed aggiunge: "per me rimane un'esperienza indimenticabile, ricca di esaltazione ed allo stesso tempo di frustrazioni, di fallimenti e di successi".
Un film che ha segnato inequivocabilmente il successo e che esprime a pieno il suo amore, o per meglio dire, la grande ossessione del cinema che "è fatto soprattutto di ciò che non si vede, di ciò che è sottinteso e che talvolta si riesce ad intuire da più elementi che sono raffigurati.
Un'immagine non serve a rappresentare solo quello che mostra, ma anche a suggerire ciò che essa sottintende.
E' questo, a mio modo di vedere, il grande fascino del linguaggio cinematografico. Un film è un prisma che manda luce da tutte le parti e quando ciò accade è meraviglioso".
Difficile raccontarsi, far emergere i più intimi pensieri, parlare delle cose che animano profondamente, della radice del proprio essere.
Tornatore lo ha fatto e lo fa tuttora con i suoi film, dal Camorrista a Malena, passando attraverso Stanno tutti bene e La leggenda del pianista sull'oceano, ma sembra restio ad estrinsecarlo a parole, custode geloso dei propri pensieri.
Così, proseguendo il discorso sul cinema, gli chiediamo di parlarci del suo rapporto con gli attori che ha diretto: da Philippe Noiret a Marcello Mastroianni, da Ben Gazzara a Gerard Depardieu tutti "mostri sacri" della recitazione. Tornatore afferma di non avere mai avuto timidezze nel dirigere un attore e rivela il piacere nello "stare al loro servizio, instillare in loro l'idea che ho in mente e farlo in modo tale che poi la rendano propria e che non si sentano burattini senza anima".


Il regista alterna le parole con momenti di silenzio densi di riflessioni.
Ad un tratto afferma che per lui "la parola è importantissima, almeno quanto lo è il silenzio".
Intuiamo che si riferisce alla struttura narrativa di un film poiché aggiunge che "i suoni e i rumori sono un elemento espressivo straordinario perché dotati di capacità evocativa.
I suoni fanno parte dell'esperienza quotidiana di ognuno di noi, sono un codice espressivo, una lingua che tutti conoscono. I rumori come la musica sono un linguaggio universale".

Ci inoltriamo cautamente nel suo universo interiore parlando della nostalgia che avvolge ogni cosa e dello scandire inesorabile del tempo: sottile filo rosso che attraversa i suoi film.
"La memoria è in qualche modo il tema di buona parte dei miei film, molto semplicemente perché per me è legato al processo stesso del cinema" afferma il regista.
Continua però dicendo che "la nostalgia è il motore che fa andare il mondo" e che "ciascuno vive le proprie avventure per creare nuove nostalgie".
Comprendiamo che questa è la risposta dell'uomo Tornatore. Dalla nostalgia alla Sicilia il passo è breve: la conversazione si anima improvvisamente e le parole scorrono come fiumi incontenibili.
"La Sicilia è un mondo che mi porto appresso, che mi suggerisce sempre tanti elementi perché mi sembra che sia, con tutte le incognite del caso, il mondo che conosco meglio, nel quale riesco a rispecchiarmi, in un certo qual modo rappresenta la mia "nave".
Tuttavia ritengo la Sicilia un bagaglio pesante e con essa ho un rapporto di frustrazione e di incomprensione che mi strema.
E' per questo che sostengo che il modo migliore di amarla sia quello di andarsene perché solo quando sei lontano riesci ad apprezzarla del tutto". Sembra essere lontano dall'immagine iniziale di uomo timido e schivo e palesa la sua vena affabulatoria con naturale spudoratezza dei sentimenti. Continua a parlare della Sicilia quasi fosse una necessità, seguendo l'altalenare dei suoi pensieri.
"Tomasi di Lampedusa asseriva che bisogna andare via dalla Sicilia il prima possibile e che a venti anni è già troppo tardi.
Io ho vissuto nell'isola fino all'età di ventisette anni, quindi troppo: la crosta si era già formata e paleso la mia sicilianità anche nei film che non si svolgono in Sicilia.
E' inevitabile perché si tratta di un mondo e di una cultura, di un codice esistenziale che si distingue, che ha una capacità di identificazione che altri luoghi non hanno.
E' questo il grande fascino e allo stesso tempo la grande maledizione della Sicilia".

Il discorso si evolve in una sorta di elogio dell'isola e del suo popolo:
"La capacità di sognare che abbiamo noi Siciliani non ci impedisce di ragionare per assurdo, di prendere per buona l'iperbole, di ragionare per eccessi. Non abbiamo paura di questo, perché da ciò arriviamo a tutto.
Pirandello l'aveva già capito da tempo che i Siciliani hanno una "corda pazza", una sorta di coraggio nel vivere fino in fondo le storie ed i sentimenti, con eccessiva coerenza".

Ad un tratto si interrompe, quasi non avesse più parole e ritorna ad essere l'uomo schivo di prima. Solo lo sguardo lascia trapelare l'intensa emozione provata nel rievocare il suo mondo.

( Alessia Spinella )


L'OPINIONE DI UN GIOVANE (non meridionale)

Più non l'amo, è certo, ma forse l'amo....


A distanza di qualche anno dalla sua uscita, mi capita ogni tanto di ripensare al film di Tornatore. Ci ripenso per capire, se col crescere della mia età,la storia mi possa entusiasmare ancora, come riuscì a suo tempo. Non esiste un film in cui mi ritrovo più che questo, una pellicola che parla di tante cose, per evidenziarne una sola, anzi più sono gli argomenti su cui si sofferma, e che rendono comunque splendido lo sfondo, più si ergono ad evidenziare l'unico messaggio che la sceneggiatura si propone di donare: che ognuno di noi cresce, si adopera, combatte, lavora, si prepara a molti appuntamenti importanti, viaggia, prega, va al cinema, cerca di cambiare il mondo, di costruire e di distruggere, per scoprire, in fondo, che a volte il segreto della vita può essere semplicemente negli occhi di una donna che si è amato, nel ricordo di ciò che è stato e che più non è.
Un film sul coraggio di saper ricominciare, anche quando sembra troppo tardi, quando crediamo di aver perso la strada da percorrere,un tumultuoso alternarsi di immagini da memorizzare e conservare come in un film, così nella vita. Non so se Nuovo cinema paradiso è il più bel film che abbia mai visto, ma se lo dicessi, forse, non mi sbaglierei di molto, e sicuramente è quello che somiglia di più alla parola emozione, alla parola film, alla parola vita. In seguito, rivedendolo ho sempre cercato di capirne i difetti più dei pregi, l'ho denudato della sua malinconia, dell'eccessiva dolcezza di alcune scene, invano ho lottato per renderlo meno bello di quanto mi sembrasse, l'ho quasi definito leggermente forzato, un po' troppo enfatico, ma tutti i difetti sono quasi sempre crollati sulla colonna sonora di Morricone, sul viso di Elena, sulle emozioni che ci aprono il cuore da piccoli e troppo poco da grandi, su tutto quello che la vita promette e non mantiene, salvo scoprire da ultimo finalmente, di non aver pensato ad altro che ad un volto di donna, a quei baci "tagliati" che a sorpresa sanno rivelarci, ormai maturi e ricchi di esperienze, che abbiamo veramente vissuto. Per questo, come in una celebre verso di nerudiana memoria, mi piace iniziare e concludere questa mia recensione: "più non l'amo, è certo, ma forse l'amo"; a chiunque la scelta di fantasticare sul complemento oggetto di questa frase!

Fabio, 33anni, FIRENZE. (12 Aprile 2002)









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14/12/2004 18:44
 
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Splendido, Ade! E chi se lo potrebbe dimenticare![SM=x515524]


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