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Mitologia dacica - La leggenza di Zalmoxis

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    Rebecka
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    00 07/01/2007 22:23

    E' piuttosto lungo come racconto, lo so, ma ci tenevo davvero a rendervi partecipi di una delle leggende più belle che contradistinguono il paese che mi ha dato i natali: la Romania.
    Si tratta della leggenda di Zalmoxis, un semidio dell'epoca dei geto-daci.
    Spero di rendervi cosa gradita. Ho impiegato tutta la serata a tradurlo ieri, ma ci tenevo davvero che un pezzo di Romania giungesse anche qui.

    Buona lettura!


    In un tempo lontano, nel tempo in cui gli esseri umani conoscevano solo la pace e la felicità, in quei luoghi dove nulla poteva turbare la serenità e la quiete dell’animo umano o dei luoghi in cui essi vivevano, nei luoghi benedetti dalle parole sacre dei sacerdoti delle vecchie tradizioni, esisteva una terra ricca, con montagne e boschi e cacciagione a volontà, dove la terra offriva il meglio di se e il raccolto abbondava, ricca di tutto ciò che la terra nelle sue profondità custodiva. I greggi avevano erba a volontà, un’erba così ricca che non esisteva su altro luogo del pianeta, e le api producevano un miele così dolce che in nessun altro luogo altre bocche avevano assaggiato. Tutte queste ricchezze erano possedute da un popolo coraggioso e lavoratore, orgoglioso e onesto.
    Ursitoarele, le tre donne della sorte, erano dalla parte di questi uomini che non erano altri che i geto-daci. Tutto ciò che le Ursitoare predicevano si avverava e il popolo faceva quanto in suo potere affinché le ricchezze abbondassero.
    Ebbene, un giorno in seno a questo popolo nacque un giovane che avrebbe avuto a conoscere un destino singolare: avrebbe portato sulle sue spalle le sorti del popolo dacico e mai né mente né animo avrebbero conosciuto il passare del tempo. Lo spirito sarebbe sempre stato giovane e il cuore in eterno avrebbe battuto per i suoi sudditi. Ma Zalmoxis, perché questo era il nome del giovane, non poteva ancora conoscere la sorte che gli toccava.
    Era un giovane come solo nelle favole si poteva udir parlare: potente come un orso, agile come un coniglio, sveglio come lo è la mente di una volpe e maestoso come un falco.
    Apprendeva ad una velocità spaventosa e ne sapeva una più dei vecchi del villaggio, una più dei saggi. Ma più di ogni cosa Zalmoxis amava le sue terre natie, amava perdersi nei boschi, sui monti e nelle valli, lungo i fiumi e tutti i sentieri di montagna più nascosti, amava sapere da quali luoghi era circondato. Comprendeva dalla quiete o dal tormento delle foreste più di quanto potesse comprendere dai vecchi del villaggio. Trovava e comprendeva il mistero della vita degli animali del bosco più di quanto altro essere potesse fare. Lasciava che i passi lo conducessero in luoghi mai toccati da piede umano e sempre senza tregua per anni senza conoscere la stanchezza, Zalmoxis apprendeva da tutto e da tutti.
    In uno di quei giorni, attraversando il bosco giunse in una valle che nessuno conosceva, solo gli animali del bosco e forse nemmeno loro, tanto era quieta e nascosta. Il modo in cui la valle era nascosta dai monti, il modo in cui il sole illuminava la vallata in maniera del tutto diverso da come poteva fare altrove, fin il muoversi degli alberi e il sussurro dei torrenti fecero stringere il cuore al giovane Zalmoxis. Non di paura, perché il cuore puro di Zalmoxis non conosceva questo sentimento, ma perché nell’aria qualcosa di diverso si respirava. Le foglie degli alberi tutte danzavano in una direzione quasi a volergli mostrare una determinata via, e i monti quasi parevano essersi separati apposta per far passare lui e tutto questo ai suoi occhi non poteva essere solo un’impressione, ma segno di qualcosa che doveva accadere.

    - Devo prestare attenzione, tanta da aver quattro occhi, perché qui c’è qualcosa che non comprendo e sento che qualcuno mi aspetta. Ma chi? O cosa?

    Pensava e ripensava e in questo pensare i suoi passi avanzavano leggeri sul sentiero che per lui soltanto sembrava esser stato battuto da che mondo era stato creato. Non comprendeva perché, ma aveva il sentore d’esser già stato in quel luogo, d’aver già sfiorato coi piedi quelle pietre. E ha camminato incantato attraverso la valle finché il sole non è tramontato e il tempo non ha più concesso ai suoi occhi di ritrovar la strada verso il villaggio.

    - Sembra proprio che non mi rimanga altro che attardarmi e dormire qui, da qualche parte, pensava il giovane tra se e se.

    Detto e fatto, Zalmoxis prese a camminare attraverso i boschi che tanto lo avevano incantato, in cerca di un luogo dove poter riposare. Non dovette camminare a lungo perché davanti a lui s’apriva l’enorme “ventre” di una grotta. La grotta sembrava attraversare il monte parecchio in profondità, ma Zalmoxis non poteva ora perder tempo a scoprirne le profondità. Doveva sistemarsi un letto per la notte e così cercò dei rami giovani, foglie e un po’ di muschio ed ecco che il letto era già pronto. Accese un fuoco che l’avrebbe scaldato fino al mattino fin quando l’alba non li avrebbe permesso di cercare nuovamente la strada verso casa. Ma come si dice: i conti fatti a casa con quelli al mercato poco hanno a che fare.
    Non aveva fatto in tempo ad attizzare il fuoco che poco più dietro rispetto a dove sedeva lui, sentii un rumore. All’ingresso della grotta c’era una gigantesca orsa che lo guardava e brontolava. Dal modo com’era messa, proprio all’ingresso della grotta, sembrava che Zalmoxis non avesse vie di fuga, e da come l’orsa brontolava, sembrava che la grotta fosse custodita da lei o che comunque ne fosse padrona. Zalmoxis in un batter di ciglio comprese che non poteva battersi con l’orsa a mani nude. Diritta sulle zampe dietro, con quei versi spaventosi che emetteva anche il più coraggioso sarebbe diventato gelido come cadavere o si sarebbe dato alla fuga.
    Zalmoxis non aveva una sola arma con se, non era abituato a portarne, tanto meno poteva tentare di scavalcare la orsa. Allora decise di andare all’interno della grotta sperando di seminare l’orsa nell’oscurità o sperando di trovare una qualsiasi arma per combatterla. Ma fu tutto inutile perché l’animale sembrava lo seguisse passo dopo passo. Anche quando si nascondeva dietro qualche masso all’interno della grotta, l’orsa sembra indovinare dove era il nascondiglio e lo trovava. Insomma, tutto sembrava davvero inutile e nessun luogo li sembrava esser sicuro.
    Zalmoxis era troppo turbato e spaventato da comprendere che se solo l’animale l’avesse voluto, l’avrebbe ucciso fin dal primo momento, senza doverlo spingere fin nelle profondità più oscure della grotta. L’unica cosa che comprendeva sembrava esser che la fuga era l’unica via d’uscita.
    Il giovane e l’orsa si spiavano nell’oscurità e presto il destino avrebbe avuto la sua parola.
    Continuando a ritirarsi agli occhi della orsa giunse in una stanza grande; guardandosi intorno comprese che nessun’altra uscita c’era in quella sala, e nella sua immensità pareva di non scorgerne l’altra parte.
    Ma qualcosa attrasse la sua attenzione dall’altra parte, un luccichio debole, ma lui, senza esitare andò di corsa in quella direzione. Ad un certo punto si addentrò all’interno di uno stretto e contorto corridoio e lì sperò di tutto cuore che l’orsa non l’avrebbe seguito, proprio perché così stretto. Ma quando si girò alle sue spalle, con disappunto e ormai perduta speranza notò che l’orsa era praticamente ad un passo da lui. L’aveva condotto fin lì con aria minacciosa, ma non l’aveva ancora attaccato.
    Non poteva comprendere il giovane Zalmoxis da dove provenisse quella luce che da debole diveniva sempre più forte, l’unica cosa che sperava è di andar incontro ad un fuoco fatto da mano umana o addirittura verso l’uscita dall’altra parte del monte. Comprendeva d’esser nel cuore profondo della montagna ma non voleva fermarsi. La fuga era ormai disperata e tutte le volte che sentiva il respiro dell’inseguitore sulla sua spalla il sangue li gelava nelle vene.
    Era strana davvero la sensazione che aveva circa l’orsa, perché l’animale sembrava volerlo condurre da qualche parte e non di certo ammazzarlo, ma nemmeno poteva stare troppo a pensarci perché anche il più piccolo sbaglio poteva esserli fatale.
    Avanzava sempre più finché giunse in un’altra piccola stanza e poi di nuovo il corridoio e la luce si faceva sempre più intensa e ora quasi sembrava di essere in pieno giorno col sole allo zenith, ma nulla ancora sembrava esserci da fare per poter salvare il giovane.
    Giunse infine in una terza sala dalla strana forma triangolare al centro delle quale vi era un tavolo di granito. Sentì una strana pace interiore entrando in quella stanza. Al centro del tavolo vide circondata di luce una pietra preziosa enorme come non v’erano altre al mondo.
    Tralasciando lo splendore della gemma si concentrò su una possibile uscita della stanza, perché più delle ricchezze a lui premeva la sua stessa vita, ma di uscite o di corridoi che continuassero non v’era traccia. Si trovava nel cuore della montagna e l’unico modo che aveva per uscirne vivo era lottare contro l’orso. L’unica arma che sembrava rendersi disponibile era l’enorme gemma preziosa. Doveva colpire l’orsa con tanta forza fino a farla cedere. Senza pensarci due volte, prese la pietra e pronuncio:

    -A noi due animale, vediamo ora chi è il più forte!

    Zalmoxis non riuscii a portare a termine il pensiero e lanciare la gemma che ad un tratto quasi sottomesso ad una forza invisibile sembrò divenire di pietra e le dita delle mani si aprirono da sole a forma di stella a dieci punte e sembrarono avvolgere ancor più la gemma che ad un tratto comincio ad emanare un forte fascio di luce che colpi la povera orsa al centro del petto scagliandola a terra: la scena aveva del mistico e del fantastico allo stesso modo.
    Una volta caduta a terra la grande orsa, il giovane posò sul tavolo l’enorme gemma e nonostante fosse ancora sorpreso di tutto quanto gli fosse accaduto fino a quel momento cercò di comprendere come avrebbe potuto uscire vivo dal cuore della montagna. Ma se fino a quel momento le sue avventure avevano dello straordinario, beh, quello che stava per succedere lo era decisamente molto di più.
    Nel silenzio della sala, dal centro della pietra preziosa posata sul tavolo, s’innalzo grande su di lui l’ombra di un uomo. Man mano che s’alzava nella sala, lo spirito cominciò a prender forma nell’aria gelida e quando tutto fu completo Zalmoxis ebbe di fronte a lui il volto dolce e benevolo di un vecchietto:

    -Io sono lo Spirito della Sacra Pietra della Montagna Nascosta. Benvenuto Zalmoxis. Questa pietra ti appartiene. Attraverso te, lei sarà tua, e attraverso te lo sarà del tuo popolo, perché questa è la sorte che ti attende, quella di guidare il tuo popolo. Quel tempo non è ancora giunto però.

    Zalmoxis aprii la bocca per proferir verbo, ma lo Spirito con un gesto lo fermò continuando a parlare:

    - Proprio ora, tu hai conosciuto la tua sorte, così è stato scritto ed io ti aspettavo da mille anni. So che la pazienza ti è messa a dura prova, ma questa è una delle virtù che dovrai conquistare. Fino ad allora però, dovrai imparare a dominare la Pietra e conoscerne i poteri. Non chiedere nulla, saprai tutto al momento giusto e solo quando sarà il momento, fino ad allora ecco quello che devi fare.

    Era come in trance il giovane condottiero, ma comprese dalle prime parole dello Spirito che le linee della sua vita erano già state tracciate per lui da poteri nascosti e ora sapeva quello che aveva sentito da tempo: che il suo destino era altro rispetto ai comuni mortali.

    - Dormirai qui fino a domani, continuo lo Spirito, e domani all’alba partirai per conoscere l’intero mondo. Solo così potrai conoscere tutto e comprendere i poteri della pietra. Qui si trova la ragione della tua venuta al mondo e il popolo dei Daci ha bisogno di te, non dimenticarlo mai. In tutto il tuo viaggio porterai sulle spalle la pelliccia dell’orsa che hai abbattuto. Ci rivedremo poi, ma per ora ti auguro buon viaggio! Non dimenticare: guarda tutto e impara tutto. Poi lo Spirito sparii.

    Senza perdere altro tempo, comincio a scuoiare l’orsa e si preparò il letto stendendo sulle rocce la pelliccia. Non riuscii a prender sonno, girandosi da una parte all’altra e pensando alla fantasiosa giornata che aveva trascorso non comprendendone il senso profondo. Ma poi ad un certo punto il sonno lo portò via in un sogno senza senso pieno di tunnel aggrovigliati fino ad arrivare in un luogo buio come la notte più nera dove nessun contorno era certo se non una cosa che per un attimo vide con certezza, un orso gigante che volle aggredirlo. Poi si svegliò.

    Quando aprii gli occhi al mattino, forse perché non capiva per quanto tempo avesse dormito, ma non si trovava più nella stanza triangolare, bensì davanti ad una roccia che aveva la testa di un uomo. Proprio quando stava penetrando con lo sguardo gli occhi della testa di granito, questi si aprirono e cominciò a parlare:

    -Io sono la Sfinge, il Guardiano con il volto di pietra del Triangolo Sacro e della Pietra Sacra.

    E così, grazie alla Sfinge, lo Spirito sapeva chi entrava all’interno della grotta e conosceva se la sorte era dalla sua parte e se poteva essere o meno conoscitore del segreto della Montagna Nascosta. La Sfinge continuò, rivolta a Zalmoxis:

    - Da qui, partirai per il tuo grande viaggio e proprio qui tornerai quando sarà necessario. In quel tempo, sappi che io sarò tuo servitore e con me l’intero popolo nato in questi luoghi. Vai avanti e impara da solo quando sarà arrivato il tempo di ritornare. Fino ad allora ricorda solo una cosa che ti sarà d’aiuto: il Tempo ti è Amico! Ma non lo puoi sottomettere al tuo volere, per ora, ma Lui attende che tu impari a farlo! Buon viaggio Zalmoxis, buon viaggio!

    - Stammi bene Sfinge, stammi bene Spirito. Non mancherò di rispettare i vostri consigli e vedrò d’esser degno della vita che mi è stata sortita. Statemi bene amici cari!

    Si mise la pelliccia d’orso sulla schiena, guardò la Sfinge per l’ultima volta poi volse lo sguardo alla catena di monti che si apriva davanti ai suoi occhi, dicendo:

    - A presto, miei monti. Voi siete il cuore e il mio credere, la forza e il mio amore. In voi giace la libertà dei miei fratelli e la loro eterna vita. Statemi bene.

    Quando finì di parlare nessuno sa dire se la luce nei suoi occhi era solo d’amore o stava per lasciarsi andare in pianto.

    Per anni interi vagò sull’intera terra guardando con i soli occhi della saggezza e imparando ogni cosa che poteva. Si ritrovò in luoghi esotici con persone strane. Giunse in grandi fortezze e in piccoli villaggi, dormendo sotto le stelle o nelle piccole case laddove capitava di trovare qualche animo altruista e gentile.
    Quando giungeva nei pressi di qualche mente illuminata, rimaneva accanto a questa anche anni, finché non ne apprendeva le conoscenze e l’arte. Fu iniziato ai segreti delle stelle, del cielo e imparò i misteri di questa e dell’altra vita.
    Andava avanti senza riposo e senza fermarsi e la sua sete di conoscenza era incontenibile. Vedeva ogni sorta di bellezza terrena, ma in nessun luogo, nemmeno in quello più lontano vide luoghi più belli di quelli lasciati nella sua adorata patria. Ma non poteva tornare, non ancora.

    Il tempo sortito dallo Spirito giunse e lui tornò sulle terre che lo videro nascere. I suoi capelli e la barba erano lunghi e bianchi e il suo stanco corpo tradivano la sua non più tenera età, ma in realtà, il suo spirito era rimasto giovane, fanciullo. Aveva imparato ogni cosa dal suo viaggio, fuorchè come poteva allontanare il desiderio di tornare tra i suoi boschi e le sue montagna. Ma comprese che altro non poteva fare se non tornare.

    La vita fu dolce e bella, mentre spartiva il suo sapere al suo popolo, ma c’era una cosa che non gli dava pace. Pensava spesso a quello che gli era successo da giovane nella grotta e davanti alla Sfinge e si chiese se il suo destino era giunto alla fine, se quello era tutto quello che doveva fare.
    Ad ogni alba e tramonto salutava e pregava guardando le vette che custodivano i segreti del Sacro Triangolo sperando di udire la voce dello Spirito che lo chiamasse alla Montagna Nascosta. La risposta giunse nella notte in cui meno l’avrebbe aspettata, una notte calda e piena di stelle luccicanti. Lo Spirito della Sacra Pietra si presentò nel suo sogno e gli sussurro dolcemente:

    - Il destino è compiuto, padrone Zalmoxis. Vieni, ti attendo nella sacra stanza.

    Non necessitava di altre parole, che appena i primi raggi di sole ruppero le tende della notte Zalmoxis prese il suo compagno d’avventure, il bastone, e partì. Camminava giorno e notte senza sosta e ad aiutarlo di più a non far soste se non davanti alla Sfinge, fu proprio la sua abitudine ad attraversare il mondo.
    Quando si fermò di fronte alla Sfinge, s’inginocchiò e alzando le braccia mise le mani a forma di stelle a dieci punte e dalle mani cosi unite partii un raggio che avvolse il volto di granito dandogli voce:

    - Ben tornato, padrone Zalmoxis. Sento il potere che hai acquisito padrone e così come me, sei divenuto immortale e insieme a questa trasformazione sta avvenendo anche quella di diventare Divinità dei Daci Liberi. Da qui in avanti, davanti a te i daci si chineranno, a te innalzeranno altari e offriranno doni, in nome tuo lotteranno e lavoreranno. Tu sei colui che da ora in avanti porterà loro la felicità, la libertà e il potere. Tutte queste cose le imparerai dallo Spirito, padrone. Noi due e la Pietra Sacra ti apparteniamo. Scendi ora nel cuore della Montagna Sacra padrone.

    Dopo di che un fascio di luce partì dai suoi occhi avvolgendo Zalmoxis e portandolo nella stanza del Triangolo Sacro nella Montagna Nascosta.

    Adesso non doveva più battere a piedi i sentieri, ora viveva La Leggenda. La forza del pensiero lo portava ovunque volesse.
    Un periodo Zalmoxis lo passò imparando a dominare i poteri della pietra e i suoi stessi poteri, aiutato fedelmente dai suoi due servitori: lo Spirito e la Sfinge. Per molti secoli aiutò il popolo dacico a giungere ai più alti livelli di benessere e non v’era altrove nel mondo un popolo che vivesse in tanta armonia e pace.

    Purtroppo, questo non durò a lungo, ma solo tanto quanto durò la fedeltà del popolo e il suo credere alla Sacralità della Pietra, credere nella sua forza immortale.
    La perdita del sacro avrebbe portato il popolo dacico ad esser dimenticato.

    Perché tale peccato venga perdonato, i vecchi dicono che un altro uomo al pari di Zalmoxis deve nascere, che abbia il coraggio di penetrare la vallata e giungere a conoscere il Dio da cui ottenere in seguito il perdono.

    Nei giorni che oggi viviamo, solo la Sfinge ricorda il buon vecchio Zalmoxis e custodisce il Sacro Triangolo aspettando il nuovo Dio.





  • fairy67
    00 08/01/2007 03:19
    Che lavorone hai fatto!!! Mitica Reb!!! Certo che ci fa piacere!!!
    Ora è tardissimo, ma quando prometto di ripassare e leggerlo... ripasso e leggerò con calma.

    Non so il Quando, ma prometto! Mano sul cuore [SM=x515602]

    Grazie intanto, dolce Reb, che bel pensiero hai avuto [SM=x515524]

    [SM=x515551]

  • danzandosottolaluna
    00 08/01/2007 10:46

    -Erodoto dice che Zalmoxis riunì i migliori cittadini e annunciò loro che essi e i loro discendenti sarebbero vissuti per sempre in base alla dottrina della metempsicosi per cui le anime, dopo la morte della persona, tornavano a vivere in un altro corpo.
    -Le analogie tra Zalmoxis e Pitagora colpirono i coloni greci di Tracia tanto da fare del primo lo schiavo di Pitagora ma, sempre secondo Erodoto, egli era un demone, forse uno sciamano eroizzato di un passato lontano.

    -Per molti medici del ventunesimo secolo Zalmoxis è stato l'inventore della medicina psicosomatica

    -Gli storici romani dicevano che i Traci avevano dei vini così buoni che chiunque li avesse bevuti sarebbe diventato un poeta. Il loro Dio parlava attraverso un profeta, Zalmoxis, che scendeva dai più alti vertici delle loro montagne una volta a ogni sette anni per portare i suoi messaggi.
    Dicevano che fu Zalmoxis a indicare dove doveva essere costruita la loro città invincibile, più fortunata di Tebe o di Cartagine, con il suo nome Sarmisegetusa. Inoltre, era Zalmoxis che nominava i re di quel paese, quelli che Dio amava.

    http://www.affinities.net/
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    Rebecka
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    Wizard & Elf
    00 08/01/2007 21:29

    Figuratina Fatina, è un piacere.
    Grazie Mamy Ade per aver aggiunto queste notizie interessantissime. E' vero, avevamo il vino migliore che ci fosse prima che una malattia, tipica della vita della quale ora non ricordo il nome, sterminasse il nostro vitigno, quello autentico nato in terra rumena, anzì, in terra dacica. [SM=g27822]

    Vi abbraccio belle fatine....