Le mie sorelle sanno perché l'ho composta, lo sapevi anche Tu, Matteo caro, e, quando la postai, la prima volta, mi scrivesti in messaggeria:-
chissà se qualcuno un giorno mi farà dono di versi così belli!-.
Ora questo presente mi opprime, il ricordo è struggente e il rimpianto di non averti mai dedicato versi, Amico mio, non mi lascia.
Per questo, qui, nel posto che amavi tanto, in mezzo a cuori che avevi come figli tuoi, ti lascio questo testo, datato, sì, ma che da ora sarà tuo, per sempre.
niente più suoni a raccontarti un...poi
a riva del mio mare di metallo
con l’occhio sempre fisso all’orizzonte
l’orecchio teso al suono d’un arrivo
respiro aria di marmo
del peso grigio/fumo di un’attesa
in un silenzio sempre senza ascolto
che indifferenza copre d’altri detti
in quei momenti brevi e tutti vani
che quasi ti concede come in dono
un flusso di marea
in sordo stridore cupo sulle rive
mi scorre con violenza di detriti
m’apre davanti un greto
di ciottoli in mezzo a travi di relitti
e cerco invano nel rovistìo di sabbia
quella parola attesa e non perduta
che mi racconti ancora
trame di rami a festa
vigore di cespugli
sentori penetranti
zampilli chiacchierini
e frecce di Sole
che tornino a violare
altri risvegli in due
e attese d’albe
ma il tempo l’ha corrosa
in voce e suono
e giace ancorata e muta
in fondo al mare