00 28/04/2005 21:10
Caro Axel Kaun,



Per me sta diventando sempre più difficile, perfino insensato, scrivere in un inglese ufficiale. E la mia lingua mi sembra sempre più un velo che occorre strappare per pervenire alle cose (o al Nulla) celate oltre di esso. Grammatica e stile. A me sembrano diventati inattuali come un costume da bagno vittoriano o l’imperturbabilità di un vero gentiluomo. Una maschera. Speriamo che venga il tempo, grazie a Dio già giunto in alcune cerchie, in cui il linguaggio sarà usato al meglio là dove sarà maltrattato con la massima efficienza. Siccome non possiamo eliminare d’un colpo solo il linguaggio, dovremmo almeno non tralasciare nulla che possa contribuire a farlo cadere in discredito. Farvi un foro dopo l’altro finché incominci a filtrare ciò che si cela oltre di esso, si tratti di qualcosa o di nulla; per uno scrittore non posso immaginare, oggi, una meta più alta.
Oppure la letteratura deve attardarsi nelle vecchie indolenti pratiche che sono già state abbandonate tanto tempo fa dalla musica e dalla poesia? Nella natura perversa della parola c’è qualcosa di paralizzante sacro che non sia rintracciabile tra gli elementi propri delle altre arti? C’è qualche motivo per cui la terribile materialità non sia in grado di dissolversi, come per esempio la superficie sonora, spezzata da enormi pause, della settima sinfonia di Beethoven, cosicché per intere pagine non possiamo percepire se non un sentiero di suoni sospesi ad altezze vertiginose, colleganti insondabili abissi di silenzio?

Sulla via che porta a questa letteratura della non-parola, per me tanto desiderabile, qualche forma di ironia nominalistica può costituire una fase necessaria, ma non basta perché il gioco perda parte della sua sacra gravità. Esso dovrebbe cessare. Agiamo dunque come quel matematico pazzo (?) che usava un criterio diverso ad ogni passo del suo calcolo. Un assalto contro le parole in nome della bellezza.
….



Samuel Beckett, 1937



Io e
il Reggitore
dei miei soprabiti,
che vuoi che sia.

Siamo radiografie
che viaggiano nel Tempo.