U' GILANTI e A' GILANTISSA

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danzandosottolaluna
00lunedì 14 marzo 2005 09:30



Il gigantismo simbolico-rituale è molto diffuso in Sicilia sia per una componente di carattere etnoantropologico che vede una spiccata predilezione per tutto ciò che è colossale,sia per la forte nota campanilistica fra le diverse città isolane che tendevano a dimostrare origini antichissime e mitiche discendenze, in antagonismo tra di loro.
Messina in particolare, da sempre in rivalità con Palermo nella contesa per aspirare al titolo di capitale della Sicilia, ratificò "tout court" il proprio primato di fondazione facendone risalire l'origine all'epoca favolosa dei giganti.




Prima che il dominio musulmano declinasse anche in Sicilia per le rivalità tra gli emiri, Messina chiese l’aiuto dei Normanni, invitando il conte Ruggero che tentò l’impresa militare e liberò l’Isola dai barbari. Nel 1106 entrerà a Messina a cavallo di un cammello, accolto festosamente dai cittadini che perpetueranno il ricordo della passeggiata del conte con la sfilata dei giganti MATA E GRIFONE







Una delle tante leggende, attribuite a questi due personaggi, narra che verso l’anno 965, un gigante moro di nome Hassam Ibn-Hammar sbarcò a Messina e cominciò a razziare in particolare nella zona di Camaro e Dinnammare, nomi derivati appunto da Ibn-Hammar.

Accadde che mentre un giorno depredava queste zone, vide una bella ragazza, alta e forte, di nome Marta, in dialetto Matta o Mata, figlia di un nobile della città, e se ne innamorò follemente. Hassam la chiese in sposa, ma ottenendone il rifiuto, depredò e trucidò con una ferocia maggiore di prima.

I genitori della ragazza, spaventati per così tanta ferocia, la nascosero nei loro possedimenti, ma il moro riuscì a trovarla e la rapì. Invano cercò di farsi ricambiare l’amore che aveva per lei; la fanciulla sorda a tutto, trovava forza per resistere solo nelle preghiere. Così alla fine il barbaro Hammar, per amore di Mata, si fece cristiano, ottenne il battesimo e si dedicò alla coltivazione dei campi, in pace con tutti.
La donna, commossa per quel pentimento, si innamorò di lui e accettò di sposarlo. Ebbero così tanti figli che la tradizione popolare finì per attribuire loro la fondazione della città di Messina.

La leggenda vuole che questi due giganti siano stati fatti prigionieri da Ruggero il Normanno quando liberò Messina dalla dominazione araba.
Egli volle che lo seguissero nella sfilata anche i due, fatti prigionieri, e che assistessero al suo trionfo umiliati. Quest’usanza si ripeté negli anni successivi in vari modi, fino a giungere alla tradizione attuale in cui le due statue, il 13 e 14 agosto, sono condotte a Camaro, luogo di nascita di Mata e poi, passeggiando per la città, trascinate da numerose persone in costume, vengono fatte sostare di fronte al Municipio.

In una polemica tra Messina e Palermo per stabilire quale fra le due città fosse la legittima capitale della Sicilia, per rivendicare un'origine più antica, si attribuì al gigante il nome di Zanclo, primo re dei siculi o di Saturno, che avrebbe perduto qui la sua falce, dalla cui impronta sarebbe derivato il porto falcato; a Marta fu dato il nome di Rea o di Celibe grande madre degli dei maggiori e protettrice delle messi.







ALTRA INTERPRETAZIONE STORICA

di Puzzolo Sigillo, Da chi, quando e perché fu costruita la Fortezza di "Matagrifone"

Sulla datazione dei Giganti e sul senso complessivo da attribuire alla ideazione dei due Colossi, Puzzolo Sigillo aveva già offerto, nel saggio "Da chi, quando e perché fu costruita la Fortezza di "Matagrifone", le ragioni secondo le quali le due gigantesche statue sarebbero state messe in cantiere per presentificare ritualmente la vittoria e la successiva supremazia che la parzialità latina nella Messina del XII secolo conseguì ed affermò sulla parzialità greca in precedenza egemone; l'occasione del riscatto sarebbe stata determinata dalla presenza nella città dello stretto, in un periodo di alcuni mesi a cavallo tra gli anni 1190 e 1191, del Re Riccardo Cuor di Leone, diretto in Terra Santa per combattere la Terza Crociata ma indotto alla permanenza in Messina oltre che da avverse condizioni atmosferiche, che bloccarono quivi la flotta regia, anche dalla preponderanza e prevaricazione dell'elemento bizantino in quella Curia Stratigoziale "in cui allora s'incarnava il potere politico, amministrativo, giudiziario e perfino militare della Città".
Questi Greci "come ubbriacati dal potere, erano divenuti uggiosi, non solo agli altri abitanti di Messina (prevalentemente latini) ma anche ai forestieri, i quali tutti concordemente li ingiuriavano Griffones".
I simulacri di Mata e Grifone dunque, elaborati in seno alla comunità latina i cui componenti "credettero conveniente mantenersi legati in una associazione segreta per organizzare, finanziare ed occorrendo armare e capeggiare l'azione palese ed occulta, valevole a fronteggiare la insidiosa invadenza dei Griffones", non avevano altra funzione se non quella di raffigurare, sul piano spettacolare e teatrale, la revanche "ammazzagreci" (matagriffones) il cui più concreto svolgimento era stato costituito, sotto il profilo dell'architettura militare, da quel castello di Matagrifone fatto edificare da Re Riccardo a perenne monito per l'arroganza bizantina.



IN CALABRIA

In occasione di sagre e feste popolari le vie dei paesi del CAPO VATICANO TROPEA (Catanzaro)sono allietate dal ballo dei "Giganti".
I Giganti sono due enormi fantocci di cartapesta: Mata, la bella principessa indigena dagli occhi grandi e dalla pelle rosata, e Grifone, il principe moro innamorato.





Sono portati, ciascuno sulle spalle di un uomo di cui si intravedono appena le gambe, e girano per le vie del paese. Al suono cadenzato dei tamburi eseguono una danza di corteggiamento, destando la curiosità dei bambini, e dando vita ad uno spettacolo che è al limite di una rappresentazione teatrale.
Mata, nella danza, cerca di sfuggire all'attenzione del moro innamorato. Ora gli gira le spalle, ora indietreggia all'avanzare del principe, ora, colta di sorpresa, gli va incontro fino a sfiorarlo mentre il suono dei tamburi si fa sempre più serrato e più alto.

I due giganti fanno parte di un’antica tradizione calabrese. Alti oltre due metri e mezzo, hanno fatto passare notti insonni ad intere generazioni di bambini. Nell’area del Mediterraneo ancora oggi ritroviamo manifestazioni popolari con l’uso dei giganti professionali in Grecia, in Spagna, in Sicilia, in Belgio e a Malta, a testimonianza di un’antica matrice culturale.

(passeggiando nel Web)

Lupomannaroxte
00lunedì 14 marzo 2005 14:27


[SM=x515571] per questo pezzo di vita che appartiene anche a me.[SM=x515524]
orcomansueto
00lunedì 14 marzo 2005 14:31



[SM=x515524] [SM=x515524] [SM=x515524]

............ e a me[SM=g27811]
danzandosottolaluna
00giovedì 17 marzo 2005 15:41

[SM=x515523] [SM=x515620] [SM=x515523]

AnamVera
00giovedì 17 marzo 2005 20:52


Non mi perdo quasi mai questo spettacolo e quello della Vara.
Il 15 agosto è da moltissimi anni dedicato a questa meraviglia.
Grazie, Ade[SM=x515524]
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