FINO ALLA FINE DEL MONDO

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darcri
00sabato 21 agosto 2004 16:26


Regia: Wim Wenders
Soggetto e sceneggiatura: Peter Carey, Wim Wenders
Fotografia (colore, 35 mm): Robby Müller
Montaggio: Peter Przygodda
High Definition TV: Sean Naughton
Scenografia: Thierry Flamand, Sally Campbell
Costumi: Montserrat Casanova
Suono: Jean-Paul Mugel
Musica: Graeme Ravell

Interpreti:

William Hurt (Trevor McFee/Sam Farber)
Solveig Dommartin (Claire Tourneur)
Sam Neill (Eugene Fitzpatrick)
Max von Sydow (Henry Farber)
Jeanne Moreau (Edith Farber)
Rüdiger Vogler (Philip Winter)
Eddy Mitchell (Raymond)
Chick Ortega (Chico)
Chishu Ryu (Mr. Mori)
Ernie Dingo (Burt)
Elena Smirnowa (Krasikowa)
Allen Garfield (Bernie)
Lois Chiles (Elsa)
David Gulpilil (David)

Produzione: Road Movies Filmproduktion GmbH (Berlino)
Argos Films (Parigi)
Village Roadshow (Sydney)

Durata della versione italiana: 158'

Origine: Germania, 1991


"Non ho mai inseguito nessun progetto per un arco di tempo così lungo. Ho iniziato a lavorarci nel 1977 durante il mio primo viaggio in Australia. L'idea di partenza dunque, è il mio incontro con questo continente avvenuto per vie del tutto insolite. [...] Ho provato subito il desiderio di fare un film; era come se quel paesaggio reclamasse una storia di fantascienza. Stavo cominciando a scriverla quando ho ricevuto il telegramma da San Francisco con la proposta di girare 'Hammett'." (Spagnoletti - Töteberg, 1989 : 201). Con queste parole il regista ha descritto il desiderio di fare un film che, tra difficoltà finanziarie e come abbiamo visto anche conflitti artistici, si è protratto per ben quattordici anni. E' da notare che nel 1987, quando il regista ha redatto il saggio che contiene queste parole, il film era ancora in piena gestazione e ben lontano dall'essere completato. Infatti Fino alla fine del mondo ha debuttato sul mercato solo durante la seconda metà del 1991. Si tratta di un film che ha richiesto un esborso economico non indifferente (23 milioni di dollari - quasi come una produzione hollywoodiana) (D'Angelo, 1994 : 127) e che ha previsto quindici ruoli diversi per altrettanti attori. Le riprese del film si svolgono in quindici diverse nazioni e, come ha spiegato lo stesso regista, nel film si parlano le seguenti lingue: inglese, francese, russo, tedesco, cinese, giapponese, spagnolo e portoghese (Spagnoletti - Töteberg, 1989 : 202).


Durante la realizzazione del film, all'inizio del 1988, Wenders ha scritto in un articolo: "Il prossimo film ('Til the End of the World') sarà un eccesso di movimento nello spazio, ma è esattamente per provare, per dare la prova stessa che il movimento nello spazio è inattuale, che si può andare in una sola volta intorno al mondo senza realmente andare lontano." (Wenders, 1988a). Nonostante il forte esborso economico e il grande impegno dal punto di vista organizzativo, l'ambizioso film non è stato accolto favorevolmente dal pubblico né ha soddisfatto la critica in generale, la quale ha sottolineato che Fino alla fine del mondoè "un gran contenitore di temi e ossessioni dell'universo wendersiano." (D'Angelo, 1994 : 129), "un 'B-movie', modesto ed inventivo, ludico e visionario, in breve artigianale." (Toubiana, 1991). L'accumulo dei temi costanti non deve tuttavia far perdere di vista quelle che sono le novità di questo film: innanzitutto le sperimentazioni che Wenders ha compiuto nel campo dell'alta definizione, un settore della tecnologia all'interno del quale il regista ha dimostrato di sapersi destreggiare con abilità e cognizione di causa. In secondo luogo i molti personaggi consentono allo spettatore di seguire lo sviluppo della trama attraverso una molteplicità di sguardi. Si tratta di un elemento nuovo per un film di Wenders, che in altre occasioni (Falso movimento, ad esempio) costruiva la storia partendo unicamente dal punto di vista del protagonista (D'Angelo, 1994 : 70). In un'ottica interpretativa di questo elemento, si può ragionevolmente affermare che nel film si avverte una certa democratizzazione della trama, a differenza di quanto avveniva in passato, ove talvolta le immagini costringevano lo spettatore ad una visione del film totalmente uniformata a quello che era lo sguardo primigenio del regista all'atto delle riprese. D'Angelo ha affermato a proposito di questo film che "l'impressione, comunque, è che l'autore abbia voluto mettere alla prova la sua rinnovata fiducia nel potere del racconto, abbandonandosi liberamente al piacere della narrazione ed assumendo fatalmente il partito preso della contaminazione: di personaggi, città e continenti e, soprattutto, generi cinematografici, dal thriller al melò, dalla commedia alla fantascienza [...]. (D'Angelo, 1994 : 129).

L'aspetto forse più interessante di questo film è costituito dal movimento senza sosta dei personaggi che agiscono nel tessuto della trama: da Venezia a Parigi, da Berlino a Lisbona, da Mosca a Pechino e poi Tokyo, San Francisco e l'Australia. Tutti i luoghi si rincorrono fra loro. L'idea del viaggio viene vanificata come ricerca dell'identità e della conoscenza di sé: in un mondo uniformato per i gusti che abbiamo, gli utensili che adoperiamo e per le apparecchiature elettroniche di cui ci serviamo, non c'è più spazio, sembra voler dire Wenders, per un movimento che serva a ritrovare sé stessi. Non a caso nel film vengono mostrate soltanto camere d'albergo e stazioni del metrò, ristoranti, uffici e hotel in una continuità fluida e compatta come se il tutto si svolgesse in una sola, sia pur vasta, metropoli.

L'altro aspetto interessante, ma senza dubbio più sofferto, al quale il film fa riferimento riguarda la perdita della sacralità dell'immagine (non del cinema però), la sfiducia nella sua capacità comunicativa, il pericolo di una proliferazione di immagini nella nostra civiltà che rischia di non farcela più vedere, la necessità di imporre una regolamentazione dei limiti morali per la riproduzione visiva (nel film viene mostrato ad esempio come la tecnologia permetta di trasferire su monitor i sogni notturni delle persone e di come tutto ciò diventi materiale di intrattenimento). E' con questa triste consapevolezza che Wenders fa ritorno a Berlino, dove nel frattempo è caduto il Muro e sono cadute le barriere che dividevano il mondo in due blocchi, ma dove ancora gli angeli non si sono stancati di osservare gli uomini e le loro sofferenze. Nella città ormai non più divisa gira il seguito di Il cielo sopra Berlino, che prende il titolo di Così lontano, così vicino.











Alcuni brani musicali del Film sono a cura degli U2


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